Piccoli ospedali e benefattori a Capalbio e a Castiglione della Pescaia

Le cittadine di Maremma, oggi eleganti e ospitali, non furono tanto apprezzate un secolo fa e oltre ... Costituite per lo più da un castello con una rocca e da poche case, rette da funzionari minori inviati da Siena o da Pisa, secondo le dominazioni, si ergevano su una collina o su uno sperone, povere e quasi senza finalità, assediate da paludi, foreste, campi, pascoli e lavorie per stagionali.
I borghi di Capalbio nella Valle della Fiora e si Castiglione della Pescaia nella Valle della Bruna vantavano origini alto medievali e forse romane, visti i ritrovamenti e la vicinanza di Ansedonia, l’antica Cosa (III secolo a.C.). Sebbene distanti tra loro, occupano alcune pagine di un registro trecentesco dell’Ospedale Nuovo di Pisa nella parte dedicata ai piccoli ospedali fondati non si sa quando in questi luoghi e passati sotto la sua giurisdizione.
Pochi fogli sbiaditi menzionano le terre di loro proprietà e chi, con un moto di generosità, le aveva offerte assieme al suo servizio. A Capalbio (o meglio, in “Comuni Roche Cabalbii”, come è scritto) questi appezzamenti furono a Tombolo da Rocca presso la palude, Padule, Colombaia e vicino al Poggio, per il quale è annotato più volte “cum suis solepnitatibus” – con le sue solennità –, formula che forse voleva dire ‘con le sue norme e consuetudini’.
Altri luoghi si trovarono a Lavatoio, a Vignalfollia, al Poggio dell’Ulivo, a Campo Gatto e a Vallassa.
“Et capras viginti” (e 20 capre) – conclude la pagina – che Vannuccia di Tone da Rocca offrì l’8 luglio 1319 (s.c.), per rogito del notaio Bonifacio di Falcone.

In questo fervido trecento invece Castiglione della Pescaia appare un centro maggiore e il suo ospedale con più beni.
Uno scritto quasi di premessa ricorda frate Balduccio del luogo ex rettore e le sue terre al Tomolo presso il fosso del comune, a Pozzo vicino a Rocca di Capalbio e al Poggio con ‘le sue solennità’, e terra ortale con casa nel borgo di Malacucina a Castiglione della Pescaia. Aveva offerto tutto all’ospedale l’8 luglio 1319, come Vannuccia.
Un bene proprio pertinente a Castiglione invece era della terra a Gallone donata all’ospedale da Guido del fu Guido Cacciaconti da Siena il 14 luglio 1289 (s.c.) per rogito di ser Iacopo da Settimo.
A questo seguivano terre e case pervenute tramite alcuni benefattori del luogo.
– Per primo Ser Galgano di Talento, frate dell'ospedale, aveva offerto terre al Botrone a confine con il Poggio del “Maggior Consiglio” e con i beni della prepositura (San Giovanni Battista), una “costina” ortale in castello, terre a Poggi Corbuli con un capo “in strata” – cioè nella via Maremmana –, a Le Fonte, a Abbadesco presso il rivo di Botrone e a un quasi illeggibile “Valliconoruga”. Un “rivo de Affrichis” a confine pare fosse un fossato “exeunte” dal Botrone.
Galgano e sua moglie Ricevuta avevano fatto l’oblazione all’Ospedale Nuovo il 24 febbraio 1291 (s.c.) per rogito di ser Tignoso Benvenuti da Campiglia, riservandosi un orto nel borgo a “Malacocina” fuori della porta di Castiglione, con la condizione di poterlo godere e/o alienare.
A lato si legge che lo ‘conduceva’ una certa Buona commessa dell'ospedale.
Galgano in più donò all’istituzione una casa nel terziere di mezzo con masserizie, cioè tre “vegetes” (piccole botti), mentre un casalino sempre nel borgo – si fa sapere – era stato acquistato nel 1250 da Talento di Bonamico suo padre.
– Ugualmente Neri del fu Neri aveva istituito suo erede l’ospedale nel 1301; ma di questo è solo accennata la controversia su una dote da restituire a una parente.
– Segue nell’elenco Giunta di Monterio giudice dell'ospedale con il ricordo del dono di terra a Tornella nel 1319.
– E Giovanna detta Vannuccia di Tone da Rocca, menzionata sopra e qui nuovamente segnata, aveva offerto nel 1319 la metà di un pezzo di terra con casa posta nel terziere del castello.
– – Il sopra detto Balduccio di Uguccione aveva fatto lo stesso per la sua metà..
– Quindi Neri detto Volpe del fu Guido il 18 marzo 1334 (s.c.), per carta rogata da Romano da Musigliano, aveva offerto terra lavorativa alla Valle Salastra a confine con una via detta Collegrosso.
– E infine il notaio Lemmo (Guglielmo) del fu ser Chelino da Castiglione, deceduto a Pisa in un anno ignoto (ma del trecento), aveva fatto testamento per rogito di ser Andrea da Arma e istituito suo erede l'Ospedale Nuovo di Pisa.
Fece segnare nell’asse ereditario pure i beni a Castiglione, ovvero la metà di una casa con masserizie e botti, un casalino, una casa terrestre a lato alla sua nel terziere dello Sperone, terra ortale nel borgo a Malacucina comprata da Ceccarello Nerussi procuratore di messer Gualterotto de Lanfranchi, e altri appezzamenti in luoghi dal nome per lo più perduto ma evocativo di una società povera e bastante a se stessa, quasi indistinta tra Capalbio e Castiglione.
I luoghi erano a Valburgino (oggi Valborgina), Gallona, Bagnone, Gallena, Staffiglio, Fontanella ovvero al Podere, Filicaia, Frassinete, Murello (saline 14), Pietrarossa, Quercete, “Caserbio” (o forse Capalbio) presso al Capezzuolo ...

Paola Ircani Menichini, 18 maggio 2023.
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